venerdì 9 febbraio 2018

Mele da Chernobyl! - in dialogo con Swetlana Alexijewitsch

Mele da Chernobyl! - in dialogo con #SwetlanaAlexijewitsch

"Al mercato una donna dall'Ucraina vende grandi mele rosse. Grida: "Comprate mele! Mele da Chernobyl"! Una persona le consiglia: "Non devi rivelare che sono da Chernobyl, cara vecchietta. Se no, non te le compra nessuno". "È come le comprano. Chi per la suocera, chi per il proprio capo" (Swetana Alexijewitsch, Chernobyl. Cronaca del futuro, edizione tedesca, 76)

C'è di tutto nel romanzo della Alexijewitsch, se lo si può chiamare un romanzo - forse meglio "resoconto". Anche una barzelletta.

A volte il linguaggio è molto frammentario, perché in vero è difficile trovare il modo di parlare di Chernobyl.

Ho inventato nelle mie preghiere un "Maria, signora di Chernobyl, Hiroshima e Nagasaki", perché non vorrei che in quelle storie e in quei luoghi non ci sia una mamma.

Come dice Swetlana: "Ma qui è la guerra di tutte le guerre... Chernobyl". Il sottotitolo non dove essere dimenticato: cronaca del futuro.

Le guerre sono terribili, i diversi personaggi del "resoconto" lo ripetono, con una coscienza storica profonda. Dalla Francia, veniva Napoleone, da Berlino Hitler ed hanno seminato morte. Tedeschi in motocicletta hanno ucciso nove giovani uomini in modo arbitrario. Ma nei boschi si potevano raccogliere i frutti, i funghi: mangiare e vivere.

La radioattività è come Dio, invisibile! Certo non si deve fare la guerra contro Dio e non esagerare come gli scienziati che hanno liberato la radioattività, ma è chiaro che al cospetto di Chernobyl la teodicea assume una dimensione sconcertante.

Dopo il nazismo sconfitto si è voluto fare il comunismo, ma una donna chiede: "dove è ora il comunismo?" Ma la domanda dei Salmi non si può neppure evitare: dove è Dio?

La domanda non deve diventare sistema: perché in un Dio credono anche i colpiti di Chernobyl. "Lassù c'è qualcuno. Ed io vivo...".

Papa Francesco ci parla dell'unico Dio di cui abbiamo bisogno: quello con il cuore aperto. Il Dio della misericordia, di cui abbiamo bisogno per vivere. Quel Dio di cui Maria Woltschok, la vicina, è immagine. Una vicina che ha compassione per la sua vicina che ha la gobba ed è muta da quando era bambina e che è stata portata via per la radioattività. Bisogna riportarla nel paese, perché "non muoia di nostalgia". "Un'anima innocente si strugge di sofferenza in un mondo estraneo". Poi la vicina Maria dice alla scrittrice che si può riconoscere la sua vicina perché, non parlando, quando soffre geme una cantilena.

Quanta sofferenza c'è in chi è costretto a lasciare la sua patria e quanta poca compassione in noi, quanto poco siamo capaci ad essere "vicini". Sembra che la radioattività invisibile dell'odio ci abbia aggrediti tutti, anche me.

Roberto, un piccolo amico di Gesù

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