Sfidare l’apocalisse, non negare, ma sfidare l’apocalisse con l’unico metodo che noi cristiani abbiamo a disposizione: mettere Cristo sempre più al centro della Chiesa.
Questo ha come conseguenza due „poli“ che si richiamano a vicenda: da una parte „la consapevolezza bruciante sul ruolo del primato petrino“, ma allo stesso la consapevolezza drammatica che non si tratta di esaltare Francesco, ma Gesù, „facendosi da parte per lasciare a Cristo il centro della scena“.
Questo significa che il „tempo deve essere pensato in relazione al trascendente“. Per questo in questi giorni in tedesco sono intervenuto perché la questione del „chi ha avuto colpa dell’incidente“ non stesso in primo piano. I tre che sono morti e i due che hanno sopravvissuto hanno bisogno di essere relazionati al „trascendente“, al „mistero“.
E questo che vale nella piccola scena del mondo, vale anche per il grande palcoscenico del mondo.
Ci troviamo sempre in una situazione di „conflitto“ e quando muore gente così giovane, come nella guerra in Siria o nell’incidente qui da noi, sentiamo il respiro dell’apocalisse, ma nessuna persona che sia realmente sana può augurarsi un avvicinamento di essa. Piuttosto la preghiera di essere pronti se arriva. Poi il mondo ha bisogno non di profeti di sventura, ma di padri come Abramo che cercano di frenare la catastrofe. I papi sono certamente tali figure.
Nessuno che conosca il mondo e le sue brutalità può, se vuole essere ragionevole, rinunciare alla categoria delle due bandiere di Ignazio: o sei con Cristo o sei con il diavolo! Allo stesso tempo però è un errore fatale, come spiego nel video (nella mia bacheca in Facebook) e ancor più come spiega il Padre Spadaro, identificare questo scontro con gli scontri sulla terra su diversi temi. Le due dimensione sono „legate ma non confuse“ e il nostro compito è quello di dialogare con il mondo, non come adeguamento mondano, ma in uno spirito di resistenza alla catastrofe - per trovare insieme fonti del coraggio di vivere.
Non dobbiamo affrettare l’apocalisse, anche se questo desiderio è in noi, come ha capito forse più di tutti Walker Percy.
Dobbiamo discernere e distinguere la fede (faith) da ogni tipo di „battaglia“ (fight). Non si tratta di essere diplomatici a tutti i costi, ma in primo luogo di identificare il vero nemico - quello già identificato dal Vangelo: il denaro, mammona. Con cui si pagano le guerre di ogni tipo, anche quelle ideologiche.
Gli scontri anche a livello ideologico contro la perdita dei valori è finanziata - lo dico io - da potentati che stanno usando il mondo cattolico per i loro scopi di avvicinamento dell’apocalisse. La guerra all’Islam è secondo me una di queste forme di accelerazione (la più grave al momento, forse), come abbiamo compreso dai Contadini esaminando il pensiero di Steve Bannon, che cita anche il Padre Spadaro.
L’unica vera alternativa oggi è quella che il mio nuovo amico Riccardo Cristano sottolinea in questi tempi: tra la „civiltà dell’incontro“ o l’“inciviltà dello scontro“. Anche i temi come il gender e gli altri temi cari (nel senso dello scontro) al mondo cattolico tradizionalista, sono certo temi in cui si deve stare all’erta, quando essi diventano strumenti di battaglia ideologica di lobbies, evitando però la squalificazione del nostro sistema di diritto, che è uno „stato di diritto“. Posizioni disfattiste a livello politico, giuridico o ideologico sono tutte forme fascistoidi (qui è necessaria la distinzione tra fascismo storico e movimento antropologico dell’animo umano) di anticipazione dell’apocalisse , quella che deve essere invece frenata!
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